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Alcogi-Peerless HF600, vintage review!

Nuovo splendore!

La passione per la riproduzione audio va e viene, nel senso che si intensifica, poi cala ma ritorna sempre. Segue il trend delle passioni umane, o almeno delle mie. Era dai tempi di AF Digitale che non mi mettevo a scrivere un qualcosina di minimamente strutturato in materia…a volte ritornano anche le voglie di scrittura.
Da un’operazione di risanamento del mio box auto, dal completo restauro del lastrico solare sovrastante all’imbiancatura, si è palesato anche un’intenso affioramento di memoria, come spesso accade quando si sgombera un locale per pulirlo. Cianfrusaglie da gettare, vecchi caschi, minuterie metalliche di ogni tipo, piccole perle di oggetti quasi dimenticati, ma soprattutto, loro: erano lì da almeno 15 anni e si chiamano Altec Lansing Model Five e Alcogi-Peerless HF600. Delle Altec parlerò in un prossimo articolo, visto che sono ancora in fase di restauro. Oggi mi piace raccontarvi di questa bella coppia di casse acustiche d’antan, credo che si parli di fine anni Settanta, costruite attorno ad una tripletta di componenti della danese Peerless. Denominate HF600, sono state realizzate da un piccolo e semisconosciuto produttore di Misinto, vicino a Milano, in Via della Pusterla. Si tratta della Alcogi, la quale utilizzava appunto, per i suoi diffusori, i prestigiosi driver della danese Peerless. La ditta Alcogi ha lasciato davvero poche tracce di sè, l’unico documento che sono riuscito a trovare in rete è una vecchia rivista di elettronica che, al suo interno, ospitava una pubblicità della Alcogi-Peerless, per l’appunto:

La vecchia pubblicità della Alcogi rintracciata sulla rivista CQ Elettronica

Com’erano conciate!

Ecco come si presentavano le casse. Il mobile è ancora in buone condizioni, a parte qualche lembo di impiallacciatura da reincollare, presto fatto.

Prima del restauro

Ho rimosso tutti gli altoparlanti, per controllarli: i woofer, come sempre accade nel caso di sospensioni in foam, erano da sistemare. Il foam ha una durata variabile tra i dieci ed i quindici anni, poi si disgrega e va sostituito.


Le Alcogi aperte per l’ispezione

Purtroppo, in fase di restauro delle sospensioni, i woofer si sono rivelati anche bloccati a livello della bobina. Per fortuna il mio riparatore di fiducia ha ritrovato nel suo magazzino una coppia di altri woofer, sempre Peerless, solo leggermente più recenti, anch’essi prontamente ringiovaniti con una nuova sospensione in foam e con parametri elettrici molto simili ai vecchi.


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Anche i crossover a tre vie sono stati riparati, sostituendo tutti i condensatori che, col tempo, si erano seccati e che, pertanto, non garantivano più il corretto filtraggio verso midrange e tweeter.

Come vedete, si tratta di un tradizionale sistema a tre vie di concezione assolutamente classica: niente condotto bass-reflex, niente linea di trasmissione nè alcun altro escamotage per esaltare la gamma bassa. Un puro e semplice sistema a sospensione pneumatica, con l’interno del mobile, molto solido e robusto e perfettamente sigillato come si conviene ad una cassa chiusa, completamente riempito di lana di vetro. Il midrange, un componente che lavora in un suo box riservato, anch’esso internamente smorzato, è un elemento a cono in carta da 9 cm, il woofer è in materiale composito e misura 22 cm, il tweeter è una cupola di 2,5 cm.  Non sono riuscito a reperire in rete nessuna informazione su questi componenti, quindi buio totale su potenza massima ed altri valori. Uniche indicazioni, il dato di impedenza, 8 ohms e le molto evidenziate, frequenze di taglio del crossover, sbattute, è il caso di dirlo, in copertina! Infatti le frequenze di taglio fanno bella e tecnica mostra di sè serigrafate sull’elegante pannello frontale in metallo, che effettivamente dà una bella impressione di accurata finitura. Quindi il woofer si occupa delle frequenze comprese tra i 45 ed i 500 Hz, quindi una bella fetta dello spettro udibile. Della fascia intermedia, compresa tra i 500 e i 4000 Hz si fa carico il generoso midrange a cono, mentre l’estremo acuto è appannaggio del tweeter, definito come aperto fino ai 20.000 Hz.
Probabilmente l’anno successivo usciva la versione HF602, dotata di diversi driver, tra i quali il famoso tweeter K010DT. Ma, come si suol dire, questo abbiamo e questo accuratamente restauriamo ed ascoltiamo!

Con che cosa ascoltare le HF600?

Ero davvero ansioso di ascoltare queste due vecchiette per la prima volta. Infatti facevano parte di uno stock di componenti audio letteralmente piovuti dal cielo, in virtù di un’eredità di un lontano parente di famiglia, grande appassionato di hi-fi che costruì con questi ed ulteriori componenti un vero e proprio impianto home teathre ante litteram. Era il 2003 o giù di lì quando i parenti ci chiamarono per “andare a vedere delle elettroniche che altrimenti saranno buttate via” (sic!). Come dicevo sopra, insieme a queste Alcogi-Peerless c’erano anche una coppia di Altec Model Five. Ma non basta! Quel giorno caricai la mia Ford Focus letteralmente fino al tetto: la compagnia suonante era composta da una coppia di AR9, che poi, restaurate nei crossover e nelle sospensioni (due volte, oramai), sono rimaste saldamente le mie celestiali compagne di musica, un riferimento durante tutti questi anni. Poi, vediamo: una tripletta di finali Revac, un poderoso finale M2 di Yamaha, una bestia di subwoofer Cabre…Insomma, ricordo che quella manna dal cielo mi spinse immediatamente a fare il grande salto verso la realizzazione di un impianto home cinema. Composto però non da un semplice integratone multicanale (quanto suonano male…molto spesso), bensì da tutta quella cascata di finali sopracitati, pilotati da un pre-processore Rotel RSP 1066. Il risultato fu talmente speciale in termini di potenza, dinamica e calore che il tutto è lì ancora oggi, perfettamente funzionante e chissenefrega del Dolby Vision.

Ma torniamo alle HF600, che finalmente mi sono deciso a ripristinare.
Con che cosa pilotare queste casse? Premetto che farò ancora diverse prove ed abbinamenti, anche con pre e finale Mel Audio Logion e Nefesh II (vi aggiornerò, vi aggiornerò…) e con altri due o tre integrati che mi girano in casa, ma al momento ho ritenuto di affiancarle ad un integrato NAD 3130, recentemente acquistato in un mercatino, pulito, ripristinato su alcuni difettucci. Una vera sorpresa di ampli, persino con le AR9! Dolce, trasparente, dinamico, 30 watt veri ma tanta corrente in più quando serve, per queste due veterane mi sembrava perfetto.

Sorgenti: lunghi e diversificati ascolti di Spotify via Google Chromecast, con uscita in analogico verso il NAD (folle Google a interrompere la produzione della Chromecast, un vero gioiello bensuonante!), molti, moltissimi vinili suonati deliziosamente dal mio ERA 555 con testina Shure M75, poi classici CD e molti Super Audio CD riprodotti dal Denon DVD 3910. Ma anche radio FM, con i sui compressori ed espansori di dinamica, audiocassette riprodotte dall’Aiwa XK 009 Excelia…insomma un po’ di tutto. Volevo davvero farmi un’idea di come e di che cosa potesse ascoltare, in un autentico salto nel tempo, un utilizzatore classico anni Settanta di quelle due vecchie glorie italo-danesi.

Si passa all’ascolto? Sì ma cosa ascoltiamo?

Qui davvero mi sono divertito. Ho recuperato alcuni esemplari di quella stupenda serie di Compact Disc, alcuni SACD ed altri HDCD che ogni anno uscivano in occasione della Fiera delle Fiere dell’audiofilo: il mitico TOP AUDIO di Milano. Quanto mi manca, era occasione di ascolto, di arricchimento, si incontravano amici che si davano tutti appuntamento lì. Peccato che non ci sia più, spazzato via dagli smartphone, dalla musica usa e getta e dal crollo della cultura del ben sentire. Che però sembra tornare in “braccio” al vinile, per fortuna.


Quindi ho ascoltato molti di questi dischi del Top Audio, ma anche semplici CD con qualcosina di speciale, come ad esempio il bellissimo Unprotected di Franco Battiato, registrato in parte acquisendo direttamente la ripresa audio del concerto su DAT, senza intervento alcuno in post-produzione, e poi trasferendo il tutto su CD, con nulla in più, anzi in meno, del sottocampionamento.

Il CD Unprotected di Battiato

Ok, il compact disc con tutti i suoi limiti, ma non esageriamo con le seghe mentali! Poi Eagles, quel Hell Freezes Over ancora oggi perla di ripresa audio stratosferica (inarrivabile la versione in DVD in DTS) e molti, molti vinili: de Andrè, gli Who che vedete in foto, REM, jazz, classica…

Quando ho dato il là alle HF600, il suono che ha riempito la mia sala in un primo momento mi ha sconcertato. Poi però mi è piaciuto.

Perchè?
Dovete sapere, come ho accennato all’inizio, che erano anni che non riprendevo in mano la passione audio, per di più con il secondo fine, il sottile piacere, di mettere giù persino questo articoletto. Mai smesso di ascoltare musica eh, intendiamoci, però sempre con le mie fide AR9, che non mi stancano mai perchè mi danno sempre l’impressione, in confronto a ciò che ascolto in giro, di…darmi tutto. L’intero spettro, senza buchi e senza sconti. Nel bene e nel male, se l’incisione non è all’altezza. Le AR9 sono giganti buoni, con loro ascolti il legno degli strumenti di legno, ascolti il ruvido degli strumenti elettronici, il metallo delle corde e senti la voce maschile in tutta la sua estensione, totale, compatta, senza buchi. Poi, lo so, sono anche fortunato ad avere una sala d’ascolto grande, con poche frequenze statiche o in risonanza. E con un soffitto mansardato che carica persino il suono un po’…a tromba!

Mi sono abituato bene, sia con le AR che con la sala.

Così all’improvviso, un bel giorno, piazzo davanti alle AR queste Alcogi-Peerless HF600. Crossover nuovi ma woofer frenati, da rodare generosamente. Capirete che, pur trattandosi di un tre vie di dimensioni già discrete (solo spostandole e maneggiandole ho realizzato che le HF600 non sono per nulla small, col loro woofer da 22 cm. E’ solo che, rispetto alle AR9, quasi tutto mi sembra “piccolo”) l’impatto può essere spiazzante. E spiazzante lo è stato, eccome.

Lì per lì mi mancava il raccordo tra mediobasso e basso, ed è normale, mi son detto, con le sospensioni del woofer nuove. Picchiavano già sodo in basso, ma senza modulare a sufficienza. Normale anche questo, basterà qualche decina di ore di rodaggio. Ma in mezzo ed in alto che cosa c’è? Cosa stavo ascoltando uscire da quel midrange a cono e da quel tweeter?

La mia predilezione per gli altoparlanti in carta ha radici antiche: proviene da vecchie radio/giradischi a valvole ascoltate a casa dei nonni e passa per diffusori anni Settanta così concepiti, ma anche per poderosi radioloni portatili anni Ottanta, quelli con la radio e le cassette…e gli altoparlanti a due vie in cartaccia con la maniglia! Della carta applicata ai coni acustici mi ha sempre affascinato la trasparenza di emissione, la chiamerei estroversione sonora, una sensazione di ascoltare ogni sfumatura emessa dalle corde vocali del cantante con un’eccezionale ariosità. Faccio fatica a descrivere questa sensazione, fatto sta che quel tipo di ascolto, non dico, attenzione, il buon ascolto in assoluto, ma quel buon ascolto, viene a cessare, cambia, quando i driver sono in gomma, a cupola e chi più ne ha più ne metta. Più corpo, più fisicità, più dettaglio e precisione…però quel qualcosa della carta mi manca sempre.

E così riascoltare un midrange di carta dopo tanti anni mi ha fatto sobbalzare sulla sedia.

Ero spiazzatissimo, le voci trasformate, le chitarre elettriche diverse. Quasi mi sembravano leggermente distorte su alcune frequenze.
Invece no, era soltanto il suono sorprendente, diverso, di quelle frequenze riprodotte da un medium inaspettato che mi aveva così colpito!

Ho lasciato crogiolare i nuovi woofer per giorni sotto i colpi di musica ben estesa in basso, e le impressioni di ascolto cominciavano finalmente a prendere corpo in modo più consapevole. Mi piaceva sempre di più quella bella apertura vocale, quei dettagli rochi dei cantanti rock che emergevano in modo più netto e trasparente rispetto ai midrange a cupola a cui ero abituato.
E intanto migliorava a vista d’occhio tutto il comparto mediobasso: si cominciava a ragionare anche in termini di modulazione e di transienti. Casse veloci, dinamiche, queste Peerless, come molto spesso accade nelle sospensioni pneumatiche. Rispetto alle AR9 è diversa, profondamente, anche l’emissione del tweeter. Sulle HF600 tutte le medio-alte sono decisamente più aperte. Non che sulle AR manchi qualcosa, però è chiaro che qui si è voluto spingere un po’ l’acceleratore su cimbali e campanelli. Nulla di eccessivo, però stiamo parlando chiaramente di un altra impostazione. L’estensione in alto e l’apertura sono da sempre terra di gusti personali, come e più del medio-basso, tant’è vero che, quasi sempre, ritroviamo sul retro dei diffusori un potenzionetro attenuatore delle frequenze acute. Sulle AR9 ce ne sono invece ben tre, uno per ciascuna banda di frequenza! Qui sulle HF600 nulla di nulla: così è, se vi pare.

Posso cominciare a fare qualche confronto con le mie AR9. Ad esempio, se dovessimo ascoltare solo la voce di Fabrizio de Andrè…beh, lasciamo stare. Le AR ci restituiscono un profilo vocale completo, compatto, esteso in ogni direzione, senza nemmeno la più piccola impressione che nella corsa tra cavi e transistor sia andato smarrito qualcosa. Lui è lì che canta e tu lo ascolti, Fabrizio è in sala con te. Sulle Alcogi-Peerless manca evidentemente qualcosa sull’amalgama delle frequenze e sull’estensione disinvolta verso il basso. Ma stiamo parlando di un confronto tra due mondi, due classi differenti di progetto e di costo.

Le “piccole” Alcogi davanti alle AR9

Il fatto è però che le “piccole” tre vie italo-danesi hanno tante freccie da scoccare al loro arco. Un esempio? A bassissimi livelli di emissione conservano corpo e microdettaglio, ti porgono su un piatto uditivo d’argento i più piccoli particolari anche a volumi talmente bassi, che non lo riterresti possibile. E poi con la musica rock sono stupende: aperte ma non aspre, decise ma dettagliate e mi sono piaciute molto anche le voci femminili, come la Mina del CD Napoli. 
Ottime anche con il jazz perchè non mancano di alcun fondamentale, le medie ci sono tutte grazie a quel piacevole midrange di carta, sinceramente è solo con la classica che davvero mi viene voglia di commutare il NAD sulle AR9. Progettate per ascoltare la voce di Maria Callas (pare), le AR 9 ti restituiscono in salotto l’impeto di un’orchestra sinfonica, con tanto di riverberi in basso che ti fanno tremare, i muri non ci sono più. Con le HF600 non si arriva a tanto, però, diavolo se suonano!

Termino le impressioni di ascolto mentre i woofer si stanno slegando davvero benino. Belle casse queste Peerless quasi artigianali, un bel monumento alla costruzione classica di una coppia di speaker. Con grinta. Da godersi in pieno oggi, con un buon amplificatore e tanta voglia di ascoltare.
E saluti al Gruppo Facebook Classic Speakers!



3 thoughts on “Alcogi-Peerless HF600, vintage review!

  1. Matteo says:

    Gran bel articolo complimenti! Nonché l’unico trovato riguardo queste casse. Io sono da poco il felice possessore del modello successivo, credo. Le Peerless hf.800. Completamente originale e suonano molto bene. Grazie per l’articolo. Ciaooo

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  2. Paolo Pancini says:

    Quanto devono sapere alti i supporti da terra? O forse si sentono meglio a scaffale o addirittura poggiati a terra?

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    • sircoast says:

      Ciao Paolo,
      non sono casse da scaffale, la regola per i supporti vede sempre l’altezza dei tweeter più o meno allineata alle orecchie dell’ascoltatore.

      Rispondi

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