Leggere un romanzo appassionante è un piacere che rapisce, almeno quando le pagine scorrono via veloci, fanno godere la mente e scatenano l’immaginazione. Se però un romanzo dipana la sua trama lungo rotte note, piccoli paesi immersi nel verde che conosci e frequenti da quando sei nato, beh, il coinvolgimento sarà ben più intenso e le emozioni ancora più forti. Che si tratti di opera di fantasia, nel caso del nuovo romanzo di Giorgio Baietti, Buio come il Vetro , edizioni Minerva, è un particolare del tutto secondario.
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Chi conosce Giorgio come me, sa che lo scrittore, saggista e autore televisivo di Millesimo (Savona), ha incentrato la sua ricerca e trae la parte maggiore della sua ispirazione proprio dalle storie tramandate di voce in voce, di generazione in generazione, sempre al confine tra leggenda e realtà, che circolano da sempre in questo lembo di Italia boscoso ed oscuro. Oscuro perchè sempre ai margini della cronaca e dei flussi turistici, sempre in bilico nel cercare la sua vocazione, che si credeva industriale e che ha rischiato di distruggerlo. Un’ampia fascia di terra compresa tra Liguria e Piemonte, scarsamente abitata ma ricchissima di suggestioni, tradizioni e contraddizioni.
Giorgio Baietti scolpisce qui, in questa zona semidimenticata, i personaggi e le vicende del suo ultimo romanzo. Attinge a piene mani dal denso tessuto di retaggi del passato propri di ogni paesino, indaga per vocazione e convinzione ogni singola pietra di cui sono composte chiese, cappelle sperdute e dimenticate tra i boschi, setaccia le storie vere e le declina in bilico tra mistero ed esoterismo.
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Per questo mi piace. Poco importa se gli ampi paragrafi storico-descrittivi del romanzo siano o non siano reali (Io vi posso dire che c’è molto di reale, ma qui lo dico e qui lo nego 😉 ). Quando il risultato c’è, un romanzo funziona. E Buio come il Vetro, funziona davvero.
Altare, Saliceto, Cengio, Mallare, Cairo Montenotte. Tutto ruota qui. Ma qui arriva prepotente, dal passato, un bagliore accecante di intensa luce, una luce buia, misteriosa, che proviene dall’Isola di Bergeggi, ex Isola di Sant’Eugenio, un piccolo isolotto, oggi amatissimo dai turisti, dai pescatori e dai bagnanti savonesi e liguri, che si trova a pochi metri dalla Punta del Maiolo di Torre del Mare. Lo stesso isolotto che raggiungo appena posso per le mie escursioni in kayak con la mia associazione sportiva. E lo stesso isolotto dal quale, secondo la teoria storica più accreditata, i monaci benedettini richiamarono numerose famiglie di maestri vetrai dal nord della Francia ad Altare, per aprire delle fornaci da vetro.
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Essendo io altarese poi, come facevo a non essere rapito dalla trama di Baietti, visto che Altare è ampiamente presente nel romanzo, come pietra di tornasole dell’intreccio? Una pietra particolare però, perchè stiamo parlando di alcuni manufatti in vetro, commissionati ai maestri vetrai di Altare, secoli fa dai cavalieri templari, che avevano raggiunto l’Isola di Bergeggi in una notte di furiosa tempesta.
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Altare è uno storico centro di produzione vetraria e io me ne sento parte, vista la mia attività e la storia della mia famiglia. C’è realtà nella splendida descrizione della facciata della chiesa di Saliceto. C’è realtà nell’indescrivibile intimità che si respira nelle trattorie di questi luoghi. E in molti altri particolari che scoprirete leggendo. Il resto è affascinante fantasia, suggestiva ed efficace.
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Vi lascio il piacere di scoprire a poco a poco la vicenda di Michelangelo, questo insegnante precario un po’ sfigato che si trova proiettato dalla vita nel pieno di una complicatissima commissione d’esame di una scuola superiore di Cairo Montenotte. E in una vicenda più grande di lui che lo cambierà per sempre.
Buio come il vetro, di Giorgio Baietti, è disponibile in libreria e online, come ad esempio QUI
Il blog di Giorgio Baietti