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Amatrice in camper, anni fa

orologio amatrice

Il mio ricordo di Amatrice, il centro in provincia di Rieti quasi completamente distrutto dal terremoto della notte di ieri, 24 agosto 2016, è legato ad una vacanza in camper di qualche anno fa in centro Italia.

Ricordo la valle del Velino con quella strana, curiosa, improbabile scritta Dux, scolpita chissà quando sugli alberi della vetta più alta da un boscaiolo e poi sempre curata e sopravvissuta fino ad oggi, le anse del Tevere, il rimpianto di aver solo sfiorato L’Aquila pochi mesi prima di quell’altro devastante terremoto…

Ma l’arrivo ad Amatrice è scolpito nella mia memoria: il passaggio in camper nella via centrale del paese, la curiosa storia di quella provincia artificiale laziale di confine, Rieti, voluta da Mussolini per ricostituire l’antica Sabina, riunendo territori in realtà appartenenti fino al giorno prima a Umbria e Abruzzo.

Amatrice, col suo nome evocativo di quel meraviglioso piatto di pasta col guanciale famoso in tutto il mondo, in realtà poi non da moltissimi associato correttamente alla città di origine, ci accoglieva al termine di una giornata di viaggio, agli occhi del camperista tappa predestinata dell’appuntamento serale con la ricerca di un’area di sosta adatta al pernottamento, quotidiana croce e delizia di quel tipo di turismo.

Il centro di Amatrice non appariva per nulla adatto allo scopo, era bello e imponente quanto stretto e affollato… decidemmo di andare un poco oltre dopo aver chiesto informazioni su un posto, un ristorante, in cui assaporare un’autentica amatriciana. Approdammo così al villaggio turistico Lo Scoiattolo.

L’avanzata ora di cena ed un impellente appetito ci spinsero direttamente al ristorante del villaggio, un po’ scettici proprio per la natura prettamente turistica della struttura… mai impressione poteva rivelarsi più errata!

La grande sala del ristorante, curata ed accogliente, era istrionicamente governata dal figlio della titolare, anziana signora autentica maga dell’amatriciana. Quel suo figlio era chef, cameriere, appunto istrione e cantastorie! La sala era il suo palco, gli affamati clienti ai tavoli il suo pubblico. Le porte della cucina si aprivano e lui irrompeva tra gli astanti declamando versi di Dante evocativi di solenni banchetti, le braccia cariche fino all’inverosimile di fumanti lunghiere di amatriciana.

Per me ghiotta occasione di sapore e conoscenza, riuscii a fermarlo diverse volte al nostro tavolo, per ascoltare le storie che generosamente conosceva e dispensava. Ci raccontò per filo e per segno la vera storia dell’amatriciana, ci parlò della Amatriciana per turisti (col pomodoro, quella rossa) e della Vera Amatriciana, quella tradizionale, la Gricia insomma.

E accennò anche al falso storico dei bucatini all’Amatriciana, inventati da Aldo Fabrizi per un film per trasformarsi inevitabilmente un piatto universalmente conosciuto quanto apocrifo…

La serata corse via tra generose porzioni di tutti e tre i tipi di amatriciana, e chissenefrega dei secondi!

Alla fine, il cameriere istrione, ormai in confidenza, ci offrì con entusiasmo il posto migliore nel suo cortile per ospitare noi ed il nostro camper per la notte, immersi nella natura e nel silenzio più assoluto. La notte perfetta del camperista!

Ma come tutte le storie che ti rimangono impresse in modo indelebile nella memoria, ci fu un seguito, quei casi strani che poi ricordi per forza. La mattina, ormai pronti per partire, mi misi al posto guida del McLouis Glen e accesi la radio in attesa della partenza. Radio Uno, Rai, colgo al volo di cosa stanno parlando…incredibile… dell’amatriciana!

Un ospite in studio mi ripete per filo e per segno i punti salienti delle vicende gastronomiche vissute solo dieci ore prima, con la ciliegina finale della ricetta dell’autentica Gricia, cioè l’amatriciana NON per turisti!

Rimedio velocemente un foglietto e prendo appunti: per mesi, per anni, ancora oggi, spesso preparo quella delizia per la mia famiglia e per tanti amici, dopo essermi procurato quel guanciale di tre mesi tagliato a coltello ed il giusto percorino romano. Perchè non serve altro, solo generoso pepe nero e gli spaghetti giusti, quelli che mi indicò l’istrione dello Scoiattolo. Una ricetta di una semplicità disarmante, come le cose che ti restano in testa per sempre.

Oggi penso ad Amatrice che non c’è più, non dico altro.

 

 

 

 

 

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