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Quando Lucio Battisti “tornò” al Festival di Sanremo

Oggi, 30 gennaio 2024, ricorrono i 55 anni dalla prima ed unica esibizione di Lucio Battisti al Festival di Sanremo, quando si piazzò nono, vendendo poi più di 100.000 copie del 45 giri Un’avventura, con testo di Mogol. Pochi sanno però che, 19 anni dopo, nel 1988, Lucio ritornò, anche se solo virtualmente, nella località ligure, elevando il Festival a protagonista di un suo brano dal testo molto complesso.
Mi riferisco alla terza traccia del lato B dell’album L’apparenza, col titolo Dalle prime battute. 
Proviamo a decifrarlo?

L’apparenza, 1988

Premessa

Quest’anno, sotto l’albero di Natale, ho trovato l’intera collezione dei cosidetti album bianchi di Lucio Battisti, usciti tra il 1986 ed il 1994 con i testi di Pasquale Panella. In tutte le edizioni: vinile, CD e audiocassetta. Da mesi mi sto dedicando allo studio di questi cinque dischi di incredibile bellezza attraverso libri, gruppi social come il pregevole Lucio Battisti, i bianchi, gli altri eccetera di Andrea Pecis e con la partecipazione ad eventi dedicati, come il bellissimo incontro/seminario/concerto La bellezza riunita, magistralmente organizzato a Pisa nel novembre 2023 da Marco Masoni. Queste opere non si trovano sulle piattaforme di streaming, ne consiglio la riscoperta a chi ricerca la qualità senza accontentarsi di un primo ascolto.

Gli “album bianchi” di Lucio Battisti:
Don Giovanni
L’apparenza
La sposa occidentale
Cosa succederà alla ragazza
Hegel

Il brano che vado ad analizzare è quindi Dalle prime battute. Il titolo di questa canzone ci proietta immediatamente nell’immaginario linguistico di Pasquale Panella, poeta romano ossessionato dalla cristallizzazione dei significati delle parole, che vuole evitare come la peste. Ogni parola, ogni figura retorica, ogni apparente significato utilizzato nei testi può essere scompaginato accedendo al lemma in modo alternativo, analogico, secondario, correlato. La polisemia guida la composizione poetica di Panella, come sostiene Andrea Podestà nel suo recente libro Battisti, l’altro.Di questo libro puoi leggere qui la mia recensione.
Occorre però tenere bene a mente questo aspetto: nessun interprete, me incluso, dei versi degli album bianchi di Battisti può pretendere di mettere la parola fine su una certa decodifica testuale. Mi piacerebbe che questo mio articolo servisse per stimolare altri possibili significati del brano.

L’interpretazione che propongo al lettore è da considerarsi sicuramente frutto di attento e ripetuto ascolto sia della parte testuale che del particolarissimo arrangiamento musicale, ma anche e soprattutto è figlia di una sensazione, di un attimo colto, di istinto. E vale come una qualsiasi altra.

Il mio pensiero su questo testo corrisponde, nella sostanza, a quanto proposto da Alexandre Ciarla nel suo libro Battisti – Panella: da Don Giovanni a Hegel, analisi e spiegazione di tutte le canzoni, ma è stato da me elaborato prima di essere venuto a conoscenza di quel libro e, naturalmente, prima di averlo letto.

Non si tratta perciò di un’interpretazione inedita, ma l’interesse del lettore potrebbe comunque essere meritato per il fatto che, concentrandomi io esclusivamente su questo brano, mi sono concesso un’analisi ancor più approfondita delle parole, con un’attenzione particolare alla singolare costruzione logica delle prime strofe. A questo proposito, non posso che esprimere i miei più sinceri complimenti ad Alexandre Ciarla per il ciclopico lavoro che ha svolto per il suo libro, sottoponendo ad analisi tutti i brani di tutti e cinque i dischi bianchi di Battisti!

Le mie audiocassette dei “dischi bianchi”

La mia interpretazione del brano

Il titolo Dalle prime battute ci proietta in un contesto musicale, meglio ancora orchestrale, intendendo per battuta l’insieme di valori compresi tra due linee verticali poste sul pentagramma e chiamate stanghette. Ma potrebbe, naturalmente, accennare anche ad un ambito di significato attinente all’ironia, alla satira, al sarcasmo, alla commedia. Oppure, perchè no, a entrambi i due mondi.
Vediamo perchè.

Dalle prime battute riconosce il posto ridente labbriforme costa

Ilare quando vede scendere l’umorista turista

che alle prime bracciate dell’orchestra

riconosce il posto

Eccoci proiettati subito nel vivo dell’azione. L’accezione attinente al mondo della commedia e dell’ironia pervade l’intero verso, partendo da battute, passando per ridente e arrivando a ilare e l’umorista turista. Ma anche labbriforme, termine piuttosto raro ma estremamente significante e ironico.
Ma vogliamo provare a collocare nello spazio questa strofa? Qui entra in gioco una possibile, seconda accezione. In Liguria è molto diffuso un sentimento ironico e sarcastico nei confronti dei turisti, soprattutto piemontesi e lombardi, ma si potrebbe dire in generale nei confronti di tutti i visitatori. Questo fatto ha radici profonde nel carattere chiuso e burbero del ligure, il quale, nella narrazione comune, reagirebbe al disagio provocato dalla ciclica “invasione turistica” propria dei fine settimana con l’arma dell’ironia. Ironia asciutta e tagliente. Da questo punto di vista potremmo intendere come soggetto di ilare quando vede scendere l’umorista turista la costa stessa, personificazione geografica del ligure abitante del luogo. E va da sè che la labbriforme costa assumerebbe la forma di una descrizione molto diretta della conformazione geografica della costa ligure stessa, vista anche recentemente da alcuni attori comici liguri, come Andrea di Marco, come una bocca con le labbra rivolte all’ingiù. Un sorriso rivolto all’ingiù, al contrario. Insomma, una smorfia di diffidenza.

Ma ecco che torna subito protagonista l’umorista turista, che diventa soggetto della seguente

che alle prime bracciate dell’orchestra

riconosce il posto.

Dai primi segni di vita e alla vista

dell’insigne pietra mistica.

Ci sono quindi due soggetti, non uno solo, in questa prima parte di canzone: il primo è la costa, il secondo è l’umorista turista. Non si può giungere ad altra conclusione, altrimenti il predicato riconosce il posto, ribadito due volte, risulterebbe una ripetizione ingiustificata

Si tratta quindi di un posto dove si fa musica: c’è un orchestra richiamata dal termine bracciate, per alludere all’ampio movimento degli archi, ma anche, come vedremo, alle mani e alle braccia del direttore che sta sul podio. Ma Panella, altro possibile significato, potrebbe voler anticipare il possibile concetto di località di mare, dove quindi bracciate alluderebbe al nuotare.
L’insigne pietra mistica potrebbe essere una descrizione, a un tempo forbita e ironica, del mondo della canzone (la pietra), che induce in chi la fruisce un’estasi, un’esperienza di vita interiore che porta il soggetto verso un’intima unione con una realtà superiore, diversa, assoluta, fuori delle forme ordinarie di conoscenza e di esperienza (da Treccani, significato di “mistico”). O, molto più semplicemente, potrebbe trattarsi del Teatro Ariston, sede del Festival già prima del 1988.

Aggiornamento: Filippo Inserillo, membro del gruppo Facebook Lucio Battisti, i bianchi, gli altri eccetera 
mi propone questo commento a proposito della pietra mistica:
Provo a dare un mio piccolo contributo che secondo me, forse, rafforza la tua visione e interpretazione. Non so se hai fatto caso al fatto che il luogo ove è posta l’orchestra si denomina “golfo mistico”. Ed ecco quindi, come per magia, affiorare il collegamento dell’aggettivo “mistico” sia all’orchestra che al golfo ligure. Pertanto l’ipotesi che si stia parlando di un preciso luogo geografico mi sembra assai probabile
Ottima osservazione che arricchisce l’interpretazione del testo!

Ad un attento esame superficiale

riconosce l’artistica località banale

Tu come scendi dal predellino

t’informi sui movimenti del mattino

L’entrata dell’ossigeno

e il preserale andantino

e su chi mai diriga

col braccio abile e il viso impronunciabile


Ecco che si svela il mistero: siamo in una artistica località banale, e banale potrebbe far rima con “balneare”,  località riconosciuta quindi, molto sarcasticamente, attraverso un attento esame superficiale. Siamo quindi a Sanremo, l’ombelico italiano, e forse europeo, di quel mondo di canzonette, di quell’ecosistema discografico che Battisti vuole precisamente rifuggire pubblicando gli album bianchi, in particolare il precedente Don Giovanni, di solo due anni precedente a L’apparenza.

Tu come scendi dal predellino t’informi sui movimenti del mattino
L’artista arriva in treno, dopo aver viaggiato di notte e raccoglie informazioni sui movimenti del mattino, ossia viene a conoscenza delle notizie sulle tendenze, sui pettegolezzi, sulle previsioni in merito alla kermesse canora. 


L’entrata dell’ossigeno è probabilmente una allusione agli aspetti economici dell’operazione Sanremo, vista come businness centrale e cruciale dall’intero mondo discografico. Lucio Battisti ha partecipato al Festival di Sanremo nel 1969, quindi è evidentemente edotto di ciò che si sta descrivendo.


E il preserale andantino  probabile allusioni agli appuntamenti mondani e sociali nell’ambiente discografico, giornalistico e televisivo che ruotano attorno al Festival.


E su chi mai diriga, dal braccio abile e il viso impronunciabile Qui l’allusione è al celebre avvicendarsi dei molti direttori d’orchestra che, tradizionalmente, si alternano sul podio del palco, in base al programma stabilito.

I miei CD “bianchi”, con l’aggiunta di “E già”

Uscirai all’aperto così come ti trovi

senza nessun preavviso

come la faccia di un dado

che abbia una probabilità sola su sei

su come sei

o come le altre cinque

di cui una la più opposta

e quella più nascosta

è quella che tiene i piedi in terra

e sulla quale poggi.


E’ la parte più intima, introspettiva e sorprendente della canzone, quasi un unicum compositivo all’interno degli album panelliani e ci offre anche un ulteriore indizio dell’ambiente in cui ci troviamo.
Questa articolata allusione alle facce dei dadi da gioco non può che condurci al Casinò di Sanremo e al gioco d’azzardo che si pratica tradizionalmente nella località ligure del Ponente. La riflessione, molto critica e personalissima dell’artista, allude analogicamente all’azzardo di partecipare ad un festival, con tutti i rischi per il proprio equilibrio emotivo e per la propria carriera, sperando solo nelle sue remote potenzialità di successo. Per lui vincere, o comunque godere di un’esperienza positiva in questo frangente canoro competitivo, è legato a quell’unica faccia di dado che si spera possa uscire. Tutte le altre cinque facce sono in agguato, ma ce n’è ancora una che potrebbe uscire, ulteriore, personalissima e aleatoria, vista dall’artista come quella legata intimamente al suo autocontrollo, al suo senso pratico, al conservare sempre i piedi ben piantati a terra. E’ la faccia che, se messa a fuoco e tenuta sempre ben presente nella mente, gli consente di affrontare con la necessaria lucidità e disincanto il mondo rutilante e vacuo, questa è evidentemente la sua opinione, dello spettacolo.


Che tempo fa oggi

dici guardando attorno sapendo

che fa un tempo ogni giorno.


A chiosa perfetta del concetto esistenziale appena espresso, ecco in contrapposizione speculare un’apparente riflessione sul tempo. Non sul tempo metereologico però, o non solo, bensì sul tempo mediatico, sul rincorrersi delle notizie, dei pettegolezzi, delle indiscrezioni. Questo è il sale che fa la fortuna mediatica del festival e che causa tanti mal di pancia negli artisti. Il tempo, naturalmente, può alludere anche al ritmo musicale, ma anche ai tempi della vita: ogni giorno viviamo il nostro tempo in modo, ambiti e obiettivi diversi. A proposito di polisemia, siamo a quattro possibili accezioni differenti di tempo


Sul predellino sali

sapendo che durano soltanto i finali

e tutti i posti intanto

prima dei saluti dici tu

sono loro i turisti

e per finire non esistono più.


L’artista ha concluso le sue giornate di permanenza a Sanremo, ha cantato ed ha partecipato alla competizione canora. È l’ora di risalire sul predellino del treno per tornare a casa. E’ l’occasione per altre riflessioni sulla kermesse sanremese. Soltanto gli artisti arrivati in finale, forse addirittura i soli tre sul podio, saranno ricordati per qualche tempo. Tutti gli altri posti in classifica, letti distrattamente dal pubblico prima dei saluti finali, ecco, sono loro i veri turisti della competizione, turisti che passano in un certo luogo come se nulla fosse e che, alla fine, nel ricordo, non lasciano traccia, non esistono più.


Ti sta partendo la cartolina

da te si ritaglia il fine rettangolino.

Sfogliate ti salutano

le tue vedute dissuase

tornate verso casa

di contro un limpido smalto così incrinabile.


Ogni viaggio termina, o almeno così era fino a qualche tempo fa, con la spedizione della classica cartolina illustrata del luogo in cui si è soggiornato. Anche l’artista si immagina di spedire una cartolina ai suoi cari, a qualche amico, e quindi si vede a ritagliare ed incollare con cura il francobollo su di essa. Ma è una cartolina metaforica: le vedute dissuase sono le aspettative deluse dalla partecipazione al Festival, i risultati auspicati destinati all’oblio durante il viaggio di ritorno a casa. Le sue aspettative sono già vecchie, rovinate dal tempo, sfogliate, in netto contrasto con quel limpido smalto così incrinabile, e cioè con lo spettacolo televisivo così luccicante di suoni e di colori, che alla fine si rivela fragile, incrinabile, effimero. 

La copertina del vinile “L’apparenza

Ma la musica di questo brano, com’è?

L’orchestrazione e gli arrangiamenti di questo brano sono un unicum all’interno dell’Apparenza e forse di tutti gli album bianchi. E’ il brano di costruzione più tradizionale del disco, anche se Battisti è bravissimo a dissimularlo con la freschezza dei suoni elettronici e con le percussioni incalzanti.

Il classico ritornello questa volta c’è e ritorna musicalmente per ben tre volte, ma sempre con parole diverse. La partitura è ricca,  è in continuo crescendo, come si conviene ad una buona e tradizionale canzone sanremese, cui Battisti vuole fare il verso musicalmente dimostrando di saperci fare (eccome!), ma mettendola alla berlina con i testi. Archi elettronici, chitarre, tastiere, effetti, ascoltiamo un brano sontuoso che vuole esattamente apparire tale!

La progressione è incalzante, evidente, tutto spinge verso un finale maestoso, in cui gli archi disegnano esattamente i contorni di una grande orchestra festivaliera durante il clou finale della manifestazione.

E, alla fine del brano, facendo attenzione, si sente il rumore del mare! 


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